Vita da gallina. Le tre galline che accompagnano il resoconto delle ricerche di J. Chem (“Neuroanatom” 2009, 37: 141-148)
Quale delle tre è allevata a terra in uno spazio libero? Una ricerca tra etologia e neuroscienze sul benessere di questi animali in diverse condizioni fa emergere idee controintuitive sulla qualità della loro produzione
Di quale delle tre galline della foto mangereste un uovo? A giudicare dalle condizioni del piumaggio, le prime due a partire da sinistra sembrano in buona salute, quella a destra non molto. Se vi dicessi che quest’ultima è stata allevata in una fattoria di cibi biologici forse scrollereste le spalle, osservando che deve trattarsi di una situazione simile a quelle delle mele biologiche: bruttine d’aspetto, ma squisite... Le cose sono un po’ più complicate, ma egualmente interessanti, sia sul versante del benessere animale che della valutazione della salubrità dei prodotti dei consumatori.
Le fotografie mostrano l’aspetto tipico di galline ovaiole mantenute in tre diverse condizioni. La prima (a) rappresenta la deprecabilissima condizione di polli da batteria: gli animali stanno in gruppi di cinque, all’interno di gabbie larghe sessanta centimetri, alte quarantasettecentimetri e profonde quarantacinque centimetri, con uno spazio di cinquecentoquaranta centimetri quadrati per animale. Cibo e acqua sono a disposizione ab libitum.
Nella seconda condizione (b) gli animali dimorano in gabbie profonde quattrocentottanta centimetri, larghe trecento centimetri e alte duecento centimetri. Ciascuna gabbia alloggia circa cinquanta animali con uno spazio individuale stimato di duemilacinquecentosettanta centimetri quadrati. Nelle gabbie, oltre al cibo e all’acqua, vi sono nidi e sabbia per i bagni di sabbia (con i quali gli animali si liberano dei parassiti).
La terza condizione (c), cosiddetta free range, prevede che gli animali siano liberi, a terra, in uno spazio di circa seicento metri quadrati, che può alloggiare fino a un massimo di dodicimila animali. La stalla di fatto è suddivisa in quattro parti, ciascuna delle quali ospita circa tremila animali, ma tutti i giorni, a partire dalle ore undici fino al tramonto, le galline sono libere di uscire a pascolare all’ esterno in un area di circa quattro ettari. Cibo, acqua e opportunità per bagni di sabbia sono disponibili a volontà. Recentemente un collega neurobiologo all‘Università di Bochum, in Germania, mi ha mostrato i cervelli di questi animali. Al microscopio i neuroni della regione dell’ ippocampo, una parte del cervello importante per la memoria e l’ orientamento nello spazio, appaiono più grandi, e quindi presumibilmente più efficienti, negli animali allevati in condizioni free range. In termini di spazio medio disponibile le condizioni free range e batteria non sono fondamentalmente diverse, oscillando tra i trecentotrentatre e i cinquecentoquaranta centimetri quadrati a disposizione per ciascun animale. Ciò che fa la differenza, evidentemente, è la complessità e non la grandezza dell ambiente circostante.
Le cose stanno altrimenti se si considera, anziché lo spazio, la vita di relazione. Nei mammiferi (uomo incluso) la regione del cervello sensibile alla deprivazione sociale e allo stress cronico è la corteccia prefrontale. Gli uccelli ne posseggono un angolo, che prende il nome di nidopallio caudolaterale. In questa regione si osservano anomalie nelle galline allevate in condizioni free range, che non si notano invece nelle altre due condizioni, in particolare nella condizione dei polli in batteria.
Che cosa induce le galline a beccarsi tra loro nella condizione free range? Quasi certamente le innaturali condizioni di allevamento sociale. In natura gli antenati del pollo domestico, i Galli della Giungla, specie selvatica di origine Indiana, abitano le basse boscaglie del Sud-Est asiatico, dove vivono in gruppi di circa dieci-trenta animali, nei quali vige una stretta gerarchia di dominanza basati sul riconoscimento individuale. Per i polli domestici, che hanno ritenuto le caratteristiche della specie ancestrale, vivere in gruppi di tremila unità rende impossibile la formazione di gerarchie stabili: il numero di conspecifici che si ritrovano a incontrare eccede di gran lunga i limiti di memoria per il riconoscimento individuale. Gli animali si percepiscono come totalmente estranei gli uni agli altri e sono costretti a cercare di ristabilire di continuo la propria e l’altrui posizione nella gerarchia sociale . Da ciò il continuo beccarsi.
Tutto
ciò forse suona familiare a chi vive a Milano o in qualche
altra metropoli. Noi ci adattiamo, di solito, attorniandoci di un
gruppo di amici il cui numero rientra nei limiti delle nostre
capacità di riconoscimento individuale. Anche Facebook diventa
difficile da gestire se abbiamo troppi amici.
Lo stato del
piumaggio (e del cervello) delle galline free
range
suggerisce
che esse si trovino a sperimentare una situazione di stress estremo.
Mangereste le uova di queste galline?
Di Giorgio Vallortigara
Il Sole 24 Ore :: Domenica :: 19 Settembre 2010. N. 257